mercoledì 15 luglio 2020

Medico e paziente più vicini attraverso i social network









Il coronavirus ha cambiato lo scenario del rapporto medico-paziente. L’impossibilità di poter avere in tutti i casi un contatto fisico durante la pandemia ha fatto sì che l’approccio alle malattie croniche sia completamente stato modificato. Il grande supporto è stato fornito dalla messaggistica online che ha permesso lo scambio di informazioni fra medico e paziente.
Si è avviato, non senza difficoltà e rischi, un processo di cura delle cronicità mediante i social network. Da una parte il medico ha dovuto ridurre l’esame clinico alla sola ispezione attraverso foto o videochiamate e al monitoraggio dei parametri acquisibili direttamente dal paziente come la misurazione della pressione arteriosa, la glicemia con stick, la saturazione dell’ossigeno, la diuresi, etc., dall’altra il paziente si è sentito attenzionato in un suo particolare momento di fragilità.
Tutto ciò, naturalmente, si è potuto realizzare nelle patologie croniche e, soprattutto, in quei casi ben noti al medico.
Mi piace raccontare quanto ho vissuto come specialista di chirurgia generale e di chirurgia vascolare.
……
Ore 9,15. Squilla il telefono.
“ Buongiorno, dottoressa.  Sono XY. Si ricorda di me? Sono stato a visita presso il suo studio in data... Mi ha diagnosticato delle emorroidi di 2° grado. In questo periodo, a causa dell’inattività fisica e di variazioni della dieta - ho mangiato pizze e dolci in quantità industriali- non ho evacuato con regolarità. Ieri ho fatto fatica ad espellere delle feci molto dure. Stamattina ho dolore intenso all’ano e lavandomi mi sono accorto che palpo delle palline dure. Mia moglie mi ha detto che le palline si vedono già all’esterno e che hanno un colore vinoso. Mi può suggerire cosa fare? Le posso mandare una foto per Whatsapp?”
Lo ricordo bene; è un paziente che conosco da tempo, non particolarmente ansioso.
“ Certo”, gli rispondo. “ Ha notato la presenza di sangue nelle feci o sullo slip?”
“No, nessuna traccia di sangue.”
“ Ha bruciore?”
“ Un poco”. Poi incalza. ” Dottoressa, la prego mi suggerisca cosa fare, il dolore è molto forte e non riesco nemmeno a stare seduto”.
“Mi ascolti, prima di prescriverle la terapia medica ho bisogno di sapere se, dopo esserci  incontrati l’ultima volta, ha avuto altre malattie e se assume altri farmaci.”
“ No, non ho avuto nulla. Ho solo il problema delle emorroidi.”
“Bene. Allora le prescriverò la terapia medica attraverso Whatsapp e le consiglio di attenersi scrupolosamente a tutte le prescrizioni dietetiche e di igiene personale che le ho già suggerito in precedenza”.
Immaginando che nei giorni successivi potesse crearsi una condizione di panico, aggiungo:
“Signor XY, tenga presente che nonostante la terapia, nei prossimi giorni potrebbe aprirsi il nodulo emorroidario e dare origine alla fuoriuscita di materiale ematico scuro che altro non è se non il trombo intrappolato nel nodulo stesso. Se dovesse verificarsi questo evento, non si preoccupi, perché ciò si associa anche ad una riduzione del dolore”
“Grazie, Dottoressa; la terrò informata”.
Sempre attraverso messaggistica e foto il paziente mi ha aggiornata fino alla risoluzione della patologia e mi ha manifestato la sua soddisfazione e la sua gratitudine.
…..
Altro caso. Paziente di 85 anni, affetto da flebolinfedema all’arto inferiore sinistro, venuto alla mia osservazione circa 3 anni fa per una linfangite acuta .
Un familiare si accorge che la gamba sinistra si presenta molto arrossata e dolente. Mi telefona dicendo che il nonno non può e non vuole uscire di casa, né ricevere un medico per una visita domiciliare. Pertanto mi chiede aiuto e mi propone di inviare delle foto attraverso Whatsapp, affinché possa prendere visione dello stato in cui versa l’arto.
Dopo una prima fase di esitazione, accetto con riserva.
Bip, bip, bip.
Mi giunge una raffica di foto che mostrano l’arto in lungo e in largo, da lontano e da vicino.
Parte così uno scambio di messaggi in cui da una parte io chiedo dettagli clinici, dall’altra il nipote me li fornisce.
Concordiamo di avviare la terapia sistemica e locale e di monitorare il risultato mediante foto seriate.
Il miglioramento è stato evidente fin dai primi giorni, tanto da tranquillizzarmi ed incentivarmi a proseguire le cure “via social”, con l’indubbio vantaggio di poter modulare la terapia locale secondo l’evoluzione clinica con valutazioni più frequenti rispetto al tradizionale controllo ambulatoriale.  
Anche il vecchietto, felice di essersi curato e di avere ricevuto le coccole dei familiari con l’applicazione di unguenti, pomate e bende,  mi ha gratificata con una telefonata in cui personalmente mi ha espresso tutto il suo apprezzamento per la mia professionalità e per l’innovativa “prestazione online”.
…..
La mia esperienza professionale mi ha insegnato che non è sufficiente curare il malato solo secondo i tradizionali canoni della medicina, ma è necessario soprattutto prendersi cura di esso, ovvero seguire un nuovo modello di cura disegnato per garantirgli le risposte ai suoi bisogni individuali di salute, al fine di semplificare la gestione delle patologie, soprattutto quelle molto complesse. Prendersi cura di un paziente comporta un coinvolgimento personale  che si esprime attraverso la compassione, ovvero “patire con” , tanto da manifestare premura, incoraggiamento e sostegno emotivo.
Implementare le nuove metodologie di comunicazione fra medico di fiducia e paziente è assolutamente utile per supportare e guidare il malato cronico verso un’adeguata autogestione che deve sostenersi sulla sua partecipazione e responsabilizzazione, senza le quali non può essere raggiunta l’autoefficacia.
In questa emergenza pandemica i social network hanno anche avvicinato al paziente più figure professionali grazie a connessioni di gruppo tra paziente, medico di base e specialisti.
 Questo splendido interscambio, sia pure riservato a casi particolarmente selezionati, andrebbe molto sfruttato in futuro perché potrebbe ulteriormente favorire un’assistenza integrata soprattutto di quei malati cronici complessi in cui si determina il concorso di più patologie.
E che dire della scoperta di “webinar” e “live” lanciati attraverso gruppi o pagine social ai pazienti affetti dalla stessa patologia che possono interagire con i relatori e porre quesiti proprio mediante la messaggistica?
Sì, la pandemia da coronavirus ha indotto numerosissime trasformazioni, soprattutto nei rapporti interpersonali e nel mondo del lavoro : nulla sarà come prima! Cerchiamo quindi di sfruttare al meglio quanto abbiamo sperimentato nel corso del lockdown e di dare una forte spinta alle innovazioni tecnologiche per una più efficace comunicazione, anche e soprattutto in medicina, onde poter semplificare e consentire processi relazionali più snelli e scevri da  etichette e burocratizzazione.

                                                                                         Dott.ssa Rosa Apicella
                                                                                                       Specialista in Chirurgia Generale
                                                                                                       Specialista in Chirurgia Vascolare


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