Il coronavirus ha cambiato lo scenario del rapporto medico-paziente. L’impossibilità di poter avere in tutti i casi un contatto fisico durante la pandemia ha fatto sì che l’approccio alle malattie croniche sia completamente stato modificato. Il grande supporto è stato fornito dalla messaggistica online che ha permesso lo scambio di informazioni fra medico e paziente.
Si è avviato, non senza difficoltà e rischi, un processo di cura delle
cronicità mediante i social network. Da una parte il medico ha dovuto ridurre l’esame
clinico alla sola ispezione attraverso foto o videochiamate e al monitoraggio
dei parametri acquisibili direttamente dal paziente come la misurazione della
pressione arteriosa, la glicemia con stick, la saturazione dell’ossigeno, la
diuresi, etc., dall’altra il paziente si è sentito attenzionato in un suo
particolare momento di fragilità.
Tutto ciò, naturalmente, si è potuto realizzare nelle patologie croniche
e, soprattutto, in quei casi ben noti al medico.
Mi piace
raccontare quanto ho vissuto come specialista di
chirurgia generale e di chirurgia vascolare.
……
Ore 9,15. Squilla il telefono.
“ Buongiorno, dottoressa. Sono XY.
Si ricorda di me? Sono stato a visita presso il suo studio in data... Mi ha
diagnosticato delle emorroidi di 2° grado. In questo periodo, a causa
dell’inattività fisica e di variazioni della dieta - ho mangiato pizze e dolci
in quantità industriali- non ho evacuato con regolarità. Ieri ho fatto fatica
ad espellere delle feci molto dure. Stamattina ho dolore intenso all’ano e
lavandomi mi sono accorto che palpo delle palline dure. Mia moglie mi ha detto
che le palline si vedono già all’esterno e che hanno un colore vinoso. Mi può suggerire
cosa fare? Le posso mandare una foto per Whatsapp?”
Lo ricordo bene; è un paziente che conosco da tempo, non particolarmente
ansioso.
“ Certo”, gli rispondo. “ Ha notato la presenza di sangue nelle feci o
sullo slip?”
“No, nessuna traccia di sangue.”
“ Ha bruciore?”
“ Un poco”. Poi incalza. ” Dottoressa, la prego mi suggerisca cosa fare,
il dolore è molto forte e non riesco nemmeno a stare seduto”.
“Mi ascolti, prima di prescriverle la terapia medica ho bisogno di sapere
se, dopo esserci incontrati l’ultima
volta, ha avuto altre malattie e se assume altri farmaci.”
“ No, non ho avuto nulla. Ho solo il problema delle emorroidi.”
“Bene. Allora le prescriverò la terapia medica attraverso Whatsapp e le
consiglio di attenersi scrupolosamente a tutte le prescrizioni dietetiche e di
igiene personale che le ho già suggerito in precedenza”.
Immaginando che nei giorni successivi potesse crearsi una condizione di
panico, aggiungo:
“Signor XY, tenga presente che nonostante la terapia, nei prossimi giorni
potrebbe aprirsi il nodulo emorroidario e dare origine alla fuoriuscita di
materiale ematico scuro che altro non è se non il trombo intrappolato nel
nodulo stesso. Se dovesse verificarsi questo evento, non si preoccupi, perché ciò
si associa anche ad una riduzione del dolore”
“Grazie, Dottoressa; la terrò informata”.
Sempre attraverso messaggistica e foto il paziente mi ha aggiornata fino
alla risoluzione della patologia e mi ha manifestato la sua soddisfazione e la
sua gratitudine.
…..
Altro caso. Paziente di 85 anni, affetto da flebolinfedema all’arto
inferiore sinistro, venuto alla mia osservazione circa 3 anni fa per una
linfangite acuta .
Un familiare si accorge che la gamba sinistra si presenta molto arrossata
e dolente. Mi telefona dicendo che il nonno non può e non vuole uscire di casa,
né ricevere un medico per una visita domiciliare. Pertanto mi chiede aiuto e mi
propone di inviare delle foto attraverso Whatsapp, affinché possa prendere
visione dello stato in cui versa l’arto.
Dopo una prima fase di esitazione, accetto con riserva.
Mi giunge una raffica di foto che mostrano l’arto in lungo e in largo, da
lontano e da vicino.
Parte così uno scambio di messaggi in cui da una parte io chiedo dettagli
clinici, dall’altra il nipote me li fornisce.
Concordiamo di avviare la terapia sistemica e locale e di monitorare il
risultato mediante foto seriate.
Il miglioramento è stato evidente fin dai primi giorni, tanto da
tranquillizzarmi ed incentivarmi a proseguire le cure “via social”, con
l’indubbio vantaggio di poter modulare la terapia locale secondo l’evoluzione
clinica con valutazioni più frequenti rispetto al tradizionale controllo
ambulatoriale.
Anche il vecchietto, felice di essersi curato e di avere ricevuto le coccole dei familiari con l’applicazione di unguenti, pomate e bende, mi ha gratificata con una telefonata in cui
personalmente mi ha espresso tutto il suo apprezzamento per la mia professionalità
e per l’innovativa “prestazione online”.
…..
La mia esperienza professionale mi ha insegnato che non è sufficiente
curare il malato solo secondo i tradizionali canoni della medicina, ma è
necessario soprattutto prendersi cura di esso, ovvero seguire un nuovo modello
di cura disegnato per garantirgli le risposte ai suoi bisogni individuali di
salute, al fine di semplificare la gestione delle patologie, soprattutto quelle
molto complesse. Prendersi cura di un paziente comporta un coinvolgimento
personale che si esprime
attraverso la compassione, ovvero “patire con” , tanto da manifestare premura,
incoraggiamento e sostegno emotivo.
Implementare le nuove metodologie di
comunicazione fra medico di fiducia e paziente è assolutamente utile per
supportare e guidare il malato cronico verso un’adeguata autogestione che deve
sostenersi sulla sua partecipazione e responsabilizzazione, senza le quali non
può essere raggiunta l’autoefficacia.
In questa emergenza pandemica i social network
hanno anche avvicinato al paziente più figure professionali grazie a connessioni di gruppo tra paziente, medico di base e specialisti.
Questo splendido interscambio, sia
pure riservato a casi particolarmente selezionati, andrebbe molto sfruttato in
futuro perché potrebbe ulteriormente favorire un’assistenza integrata
soprattutto di quei malati cronici complessi in cui si determina il concorso di
più patologie.
E che dire della scoperta di “webinar” e “live”
lanciati attraverso gruppi o pagine social ai pazienti affetti dalla stessa
patologia che possono interagire con i relatori e porre quesiti proprio
mediante la messaggistica?
Sì, la pandemia da coronavirus ha indotto
numerosissime trasformazioni, soprattutto nei rapporti interpersonali e nel
mondo del lavoro : nulla sarà come prima! Cerchiamo quindi di sfruttare al
meglio quanto abbiamo sperimentato nel corso del lockdown e di dare una forte
spinta alle innovazioni tecnologiche per una più efficace comunicazione, anche
e soprattutto in medicina, onde poter semplificare e consentire processi
relazionali più snelli e scevri da etichette e burocratizzazione.
Dott.ssa Rosa Apicella
Specialista in Chirurgia Generale
Specialista in Chirurgia Vascolare