venerdì 11 luglio 2025

Mare e insufficienza venosa: un binomio possibile

 


A cura della Dott.ssa Rosa Apicella
Specialista in Chirurgia Vascolare 
Specialista in Chirurgia Generale

“Posso andare al mare?” Con l’arrivo dell’estate questa è una delle domande più frequenti dei pazienti con insufficienza venosa cronica.

La risposta è sì. Il mare può diventare un vero alleato per chi soffre di disturbi venosi, se vissuto con attenzione e consapevolezza. E non solo per la circolazione: anche la pelle, spesso danneggiata da anni di stasi venosa, può trarne beneficio.

Acqua di mare: un sostegno per la circolazione

L’immersione in acqua di mare, soprattutto se fresca, esercita una pressione idrostatica costante simile a una calza elastica. Questa pressione:

-        - favorisce il ritorno venoso

-        - riduce il gonfiore

-       -  allevia la sensazione di pesantezza e stasi

-        - migliora l’ossigenazione dei tessuti

In più, camminare nell’acqua bassa stimola i muscoli del polpaccio, la cosiddetta “pompa venosa”, e riattiva il microcircolo.


Bastano 10–15 minuti di camminata quotidiana in acqua per ottenere un effetto benefico senza stressare le articolazioni.

E che dire dei vantaggi derivanti dal nuoto? Oltre che per l’azione favorevole della pompa muscolare , si determina anche una sorta di massaggio drenante molto efficace.

E sulla pelle? Quali sono i benefici dell’acqua salata?

Le alterazioni cutanee dovute all’IVC, eczema varicoso, dermatite da stasi, iperpigmentazioni, microlesioni, traggono giovamento dai minerali presenti nell’acqua di mare, in particolare magnesio, potassio, zinco e cloruro di sodio.

Studi dermatologici e osservazioni cliniche evidenziano effetti:

- antinfiammatori e lenitivi
- antisettici: l’acqua salata riduce la carica batterica
- cicatrizzanti: stimola la rigenerazione cutanea
- osmotici: richiama liquidi e tossine dai tessuti

Il risultato? La pelle si disinfiamma, prude meno, e in molti casi si presenta visibilmente migliorata dopo una vacanza al mare.

Attenzione però a caldo e sole diretto

Il calore prolungato, al contrario, è nemico delle vene: provoca vasodilatazione, peggiora la stasi e può accentuare gonfiore e dolore. Perciò è fondamentale:


-       -  evitare di stare troppo tempo sotto il sole, soprattutto nelle ore centrali

-        - fare docce fresche dopo l’esposizione

-       -  idratare bene la pelle

-        - preferire costumi comodi e non troppo aderenti

-        - non restare fermi a lungo, né in piedi né seduti

Cosa portare al mare se soffri di IVC

Ecco qualche consiglio pratico:

-        - calze elastiche per i momenti fuori dall’acqua

-        - gel rinfrescanti o tonici venosi

-        - scarpe comode per lunghe passeggiate sul bagnasciuga se la spiaggia non è sabbiosa

-      -  una buona crema idratante o lenitiva per la cute

Attenzione: se hai lesioni aperte o ulcere, è fondamentale chiederci consiglio prima di immergere le gambe in mare.

Il mare non cura, ma aiuta

Il mare non sostituisce la terapia medica, ma può essere parte integrante di un approccio completo alla salute venosa: stile di vita sano, trattamenti personalizzati e buone abitudini quotidiane.

Insufficienza venosa e pelle fragile non devono impedirti di vivere l’estate. Con qualche attenzione in più, il mare può diventare un momento di cura naturale.

Nel nostro studio accompagniamo i pazienti in percorsi personalizzati per la salute venosa, anche nei periodi estivi.

 

 

mercoledì 2 luglio 2025

Lipedema: è un problema estetico?



A cura della Dott.ssa Rosa Apicella
Specialista in Chirurgia Vascolare 
Specialista in Chirurgia Generale

Gambe grosse, doloranti e piene di lividi? Sarà solo sovrappeso o semplice ritenzione idrica? Assolutamente no: potrebbe essere lipedema, una condizione cronica che colpisce soprattutto le donne e che troppo spesso viene sottovalutata, ignorata o confusa con l’obesità.

Ma cos’è, quindi, il lipedema?

È una malattia del tessuto connettivo lasso e soprattutto del tessuto adiposo, definita dall'OMS nel 2018, caratterizzata da un accumulo anomalo e simmetrico di grasso, soprattutto a livello di fianchi, cosce e gambe, che non risponde né alla dieta né all’attività fisica.

La sua causa non è ancora del tutto nota, ma si ipotizza un’origine multifattoriale, fra cui la genetica (può essere presente in più donne della stessa famiglia) e fattori ormonali (spesso insorge in età puberale, in gravidanza o in menopausa).

I segni caratteristici del lipedema includono:


  • Cosce e/o gambe grosse, sproporzionate rispetto al tronco
  • Dolore al tatto e senso di pesantezza, anche a riposo
  • Comparsa facile di lividi spontanei
  • Piedi risparmiati (la deformità si ferma alla caviglia)
  • Pelle a buccia d’arancia o noduli sottocutanei
  • Frustrazione per l’inefficacia delle diete e dell’attività fisica

Molte donne si sentono colpevolizzate, convinte di non impegnarsi abbastanza. In realtà, non è grasso "normale" quello che si accumula: è tessuto adiposo infiammato e alterato.

Il lipedema è spesso classificato come “disturbo estetico”, ma si tratta di una vera e propria patologia cronica che, se non riconosciuta, può evolvere in forme gravi, con disabilità funzionale, limitazioni nei movimenti, dolore cronico e sofferenza psicologica.

 

Lipedema e insufficienza venosa: un legame importante

In molti casi, il lipedema si associa all’insufficienza venosa cronica. L’accumulo di tessuto adiposo compromette la funzionalità del ritorno venoso, aumentando il rischio di:


  • gonfiore persistente tanto da trasformarsi in linfo-lipedema per la secondaria compromissione del circolo linfatico
  • fragilità capillare
  • comparsa di capillari visibili (teleangectasie) e vene varicose

Una visita flebologica completa, con ecodoppler venoso, può rivelare la presenza di un disturbo venoso sottostante e orientare il trattamento più adatto.

Cosa si può fare?

Dal lipedema non si può guarire e non esiste una cura definitiva, ma ci sono strategie efficaci per migliorare i sintomi e rallentarne l’evoluzione:


  • Terapia compressiva (calze elastiche specifiche)
  • Linfodrenaggio manuale o meccanico
  • Alimentazione equilibrata anti-infiammatoria
  • Attività fisica dolce (camminata, nuoto, aquagym)
  • Supporto psicologico nei casi di impatto emotivo
  • Chirurgia selettiva (liposuzione tumescente) nei casi più avanzati

La diagnosi fa la differenza

Riconoscere il lipedema significa restituire dignità e possibilità di cura a tante donne.

Un consulto medico adeguato, con valutazione flebologica e linfatica, permette di distinguere il lipedema da altre condizioni simili e impostare un percorso su misura

Nel nostro studio ci occupiamo anche di questo. Se ti riconosci nei sintomi non esitare a sottoporti ad una visita specialistica.

 

venerdì 13 giugno 2025

Il linguaggio delle vene: cosa ci dicono capillari e varici

 



A cura della Dott.ssa Rosa Apicella
Specialista in Chirurgia Vascolare
Specialista in Chirurgia Generale

Ogni giorno, il nostro corpo ci parla. A volte lo fa con piccoli segnali silenziosi, altre volte con manifestazioni ben visibili. Capillari dilatati e vene varicose sono tra queste: segni esterni di un problema interno, troppo spesso sottovalutato.

Capillari visibili: un campanello d’allarme silenzioso

I sottili reticoli rossastri o violacei che talvolta compaiono su gambe e caviglie sono chiamati teleangectasie, o più comunemente “capillari visibili”. Non causano dolore, ma spesso i pazienti riferiscono una sensazione puntoria o di tensione lì dove essi compaiono o si estendono. Rappresentano un campanello d’allarme silenzioso in quanto costituiscono in ogni caso un segno di una debolezza del circolo venoso. Sono più frequenti nelle donne, si accentuano con il caldo, la gravidanza o la stazione eretta prolungata e tendono ad aumentare con l’età.


Le vene varicose, invece, sono vene superficiali dilatate, tortuose, visibili ad occhio nudo. Non sono solo un inestetismo: indicano che il sistema venoso ha perso la sua efficacia. Il sangue, invece di risalire correttamente verso il cuore, ristagna negli arti inferiori. Questo provoca gonfiore, senso di pesantezza, crampi e, nei casi più avanzati, complicanze come eczemi, dermatiti, iperpigmentazioni e ulcere.

Capillari e varici condividono i fattori di rischio:

  • predisposizione familiare
  • stili di vita sedentari
  • lavori che obbligano a stare molto in piedi o seduti
  • sovrappeso e obesità
  • squilibri ormonali (gravidanza, pillola anticoncezionale, menopausa)

Cosa fare?


Non tutte le vene visibili vanno trattate, ma nessuna va ignorata. Una visita flebologica con ecocolordoppler permette di valutare la funzione del sistema venoso e decidere il trattamento più adatto: dalla scleroterapia, agli interventi mininvasivi, alla chirurgia open. Un grande ruolo preventivo e/o terapeutico spetta anche alla terapia compressiva, che va personalizzata. Non va inoltre trascurato un sano stile di vita fondato su una corretta alimentazione e su una regolare attività fisica con la finalità non solo di controllare il peso, ma soprattutto di evitare quello stato proinfiammatorio cronico responsabile anche di complicanze tromboemboliche.

In conclusione

Capillari e varici parlano di noi. Ci raccontano la storia della nostra circolazione, dei nostri stili di vita, delle scelte che facciamo ogni giorno. Imparare a leggere il linguaggio delle vene significa prendersi cura della propria salute, fin da subito.

Nel prossimo articolo parleremo di lipedema e del suo legame con le malattie venose.

Per consulenze e trattamenti, siamo a disposizione presso il nostro studio medico

 

martedì 6 maggio 2025

Insufficienza venosa cronica: quando le vene non fanno più il loro dovere...




A cura della Dott.ssa Rosa Apicella
Specialista in Chirurgia Vascolare
Specialista in Chirurgia Generale

Hai una sensazione di peso alle gambe, soprattutto la sera, con o senza gonfiore alle caviglie, crampi notturni o prurito?

Questi sintomi sono frequenti, molto spesso sottovalutati, ma possono essere associati ad un’insufficienza venosa cronica (IVC) che è una condizione patologica nella quale si ha un difficoltoso ritorno venoso dai piedi al cuore. Ciò è dovuto ad una riduzione del tono della parete venosa con compromissione della funzione delle valvole


che normalmente impediscono il reflusso del sangue, ma anche da un ostacolo al flusso ematico per una pregressa tromboflebite. Pertanto il sangue ristagna negli arti inferiori, con conseguente aumento della pressione venosa, infiammazione e progressiva sofferenza tessutale.

Le cause possono essere molteplici:




  • Fattori genetici (predisposizione familiare)
  • Gravidanza, soprattutto se ripetuta
  • Sedentarietà o lavori che costringono a stare molto in piedi
  • Sovrappeso e obesità    
  • Età avanzata


Nel tempo, l’IVC può evolvere con la comparsa di vene varicose, alterazioni cutanee, eczema, pigmentazioni scure della pelle e, nei casi più gravi, ulcere.

Cosa si può fare?

La diagnosi è semplice e non invasiva: l’ecocolordoppler venoso permette di visualizzare il flusso del sangue e identificare il malfunzionamento delle valvole.
Il trattamento varia in base alla gravità:

  • Modifiche dello stile di vita
  • Terapia compressiva (calze elastiche)
  • Trattamenti farmacologici
  • Interventi mininvasivi come la scleroterapia, interventi endovascolari (ablazione con laser o radiofrequenza, iniezione di colla) o interventi chirurgici “open” (stripping, flebectomie, CHIVA)

Intervenire precocemente è fondamentale. L’IVC non è solo un problema estetico, ma una patologia progressiva che, se trascurata, può compromettere la qualità della vita.

Nel prossimo articolo parleremo proprio di vene varicose e capillari visibili, distinguendo tra ciò che si vede e ciò che è realmente patologico.

Se riconosci alcuni di questi sintomi, prenota un controllo specialistico: la tempestività dei trattamenti migliora la qualità di vita e previene le complicanze.


sabato 30 novembre 2024

Emorroidi e Malattia Venosa Cronica: c'è un legame?

 


A cura della Dott.ssa Rosa Apicella
Specialista in Chirurgia Vascolare
Specialista in Chirurgia Generale

Le emorroidi sono un problema molto diffuso, spesso trascurato fino a quando non provoca sintomi importanti. Ma sapevate che possono essere associate alla malattia venosa cronica (MVC)?

La malattia venosa cronica è una condizione che colpisce il sistema venoso, spesso manifestandosi con vene varicose, gonfiore e pesantezza alle gambe.

La coesistenza tra emorroidi e malattia venosa cronica (MVC) è stata oggetto di studio in ambito medico, con evidenze che suggeriscono un potenziale legame tra queste due condizioni. Ecco le principali ipotesi ed evidenze:

1. Base fisiopatologica comune

  • Alterazioni del ritorno venoso: Entrambe le condizioni sono associate a una disfunzione del sistema venoso. Nel caso delle emorroidi si ha la congestione del plesso venoso anale, mentre nella MVC si osserva un'alterazione del ritorno venoso negli arti inferiori.
  • Fragilità del tessuto venoso: Studi indicano che soggetti con emorroidi e soggetti con MVC possono presentare una parete venosa più fragile tanto da favorirne la dilatazione. Infatti è stata riscontrata una maggiore espressione delle MMP-9 nelle cellule muscolari lisce e nei fibroblasti delle vene coinvolte da entrambe le patologie.

2. Dati epidemiologici

  • Sono stati realizzati studi clinici che hanno rilevato come i pazienti con emorroidi hanno una maggiore incidenza di vene varicose e altri sintomi di MVC rispetto alla popolazione generale.
  • Lo studio CHORUS (Chronic venous and HemORrhoidal diseases evalUation and Scientific research) ha dimostrato una correlazione tra la gravità delle emorroidi e dell’insufficienza venosa cronica. All'aumentare della gravità delle emorroidi la MVC concomitante era presente nel 43,1%, 54,0%, 54,8% e 58,2% dei soggetti con gradi emorroidari di I, II, III e IV, rispettivamente.

3. Fattori di rischio condivisi

  • Stile di vita sedentario: Riduce il ritorno venoso e aumenta il rischio per entrambe le condizioni.

  • Obesità: L'aumento della pressione intra-addominale contribuisce sia allo sviluppo di emorroidi che di MVC.

  • Gravidanza: Il peso dell'utero e i cambiamenti ormonali favoriscono l'insorgenza di entrambe.

4. Implicazioni cliniche



  • Valutazione globale del sistema venoso: Nei pazienti con emorroidi croniche o recidivanti, è raccomandato uno screening per la MVC.
  • Terapie combinate: Trattamenti che migliorano il ritorno venoso (es. farmaci flebotropi) possono alleviare i sintomi di entrambe le condizioni.





Conclusioni

La coesistenza tra emorroidi e MVC è sostenuta da una base fisiopatologica comune e da fattori di rischio condivisi. Tuttavia, è importante riconoscere che non tutti i pazienti con emorroidi sviluppano MVC e viceversa. La valutazione di un medico specialista è fondamentale per una diagnosi accurata e un trattamento personalizzato.

sabato 5 ottobre 2024

È giunto il miglior periodo per curare le vene varicose



 






Il miglior periodo per iniziare a curare le vene varicose è l’autunno.


Chi è affetto da vene varicose se ne accorge o si ricorda di soffrirne in primavera, quando cominciano i primi caldi che accentuano la sintomatologia dell’insufficienza venosa, le donne abbandonano i pantaloni e indossano abiti più corti e calze più velate e nelle nostre zone cominciano i primi bagni a mare. 





In autunno le temperature atmosferiche basse sono un valido aiuto per chi soffre di vene varicose. La vasocostrizione da freddo fa sì che non si avverta pesantezza agli arti, non si formino edemi marcati, non si sfiocchino nuovi capillari e che si riduca il rischio di complicanze quali tromboflebiti ed ulcere. Inoltre si è disposti ad indossare calze elastiche più che in estate.




Pertanto proprio in tale stagione è opportuno cominciare ad affrontare le cure prima che sopraggiunga il caldo intenso dell’estate.







La terapia della malattia varicosa si fonda non tanto sull’assunzione di farmaci e sulla compressione elastica, ma soprattutto sulla scleroterapia e sulla terapia chirurgica open (stripping, crossectomia, flebectomia, legatura perforanti, CHIVA,  SEPS…)



oppure endovascolare con radiofrequenza o laser. 




Il trattamento di scelta è personalizzato in quanto deriva dalla valutazione accurata non solo del quadro clinico e dello stadio della malattia, ma soprattutto della mappa venosa con lo studio mediante ecocolordoppler dell’emodinamica venosa che consente di valutare i reflussi.



In ogni caso i tempi di trattamento sono lunghi. La scleroterapia, infatti, si effettua con sedute multiple di iniezioni endovenose con intervalli di almeno 1 settimana fra l’una e l’altra; l’approccio chirurgico prevede liste d’attesa e i risultati si stabilizzano a distanza di almeno 1 mese dalla procedura.



Per tale motivo è opportuno curarsi fin dagli inizi dell’autunno in modo da poter poi godere la bella stagione estiva con le gambe “in forma”.




A cura della dott.ssa Rosa Apicella

Specialista in Chirurgia Vascolare 

Specialista in Chirurgia Generale

domenica 25 febbraio 2024

Il successo terapeutico: come massimizzarlo per migliorare la qualità della vita del paziente?

 



A cura della Dott.ssa Rosa Apicella
Specialista in Chirurgia Vascolare
Specialista in Chirurgia Generale 

Il rapporto medico paziente fin dal suo nascere è un processo complesso che si articola sulla trasmissione di informazioni, sulla comprensione reciproca e sulla costruzione di una relazione di fiducia.

Ogni paziente è un individuo unico con esperienze di vita, conoscenze e aspettative diverse, a cui spesso si assommano anche variazioni culturali e linguistiche. Queste differenze possono influenzare la comunicazione, richiedendo al medico di adattare il suo approccio e lo stile della relazione per soddisfare le esigenze specifiche di ciascuno. Emozioni e stress lo rendono spesso vulnerabile ed ansioso; cosicché il medico è chiamato a fornire anche un supporto emotivo.

Le informazioni nella gran parte dei casi possono essere complesse e difficili da comprendere per i pazienti. Pertanto il medico deve essere in grado fornire spiegazioni con rigore scientifico esponendo i concetti in modo chiaro ed accessibile, per evitare di confondere i malati.

In molti casi si instaura un blocco da parte del paziente determinato da “un’asimmetria di potere”, avendo il medico conoscenze e competenze superiori rispetto a lui. Questa disparità può essere attenuata da un approccio empatico e rispettoso nei suoi confronti.

Solo così è possibile coinvolgere attivamente il paziente nel processo decisionale riguardo al suo trattamento, rispettandone preferenze, valori e desideri in modo da ottenere la massima adesione alle cure.

Da quanto su esposto si comprende come il successo terapeutico può essere ottenuto attraverso una combinazione di diversi fattori e azioni coordinate. Ecco alcune strategie chiave per raggiungerlo:

1. **Aderenza terapeutica **: Il paziente deve seguire attentamente le indicazioni del medico, prendendo i farmaci prescritti regolarmente e correttamente, seguendo le terapie raccomandate e adottando uno stile di vita sano come parte del trattamento.


2. **Comunicazione efficace**: È fondamentale una comunicazione chiara ed aperta tra il medico ed il paziente. Questa include informazioni dettagliate sulla sua condizione clinica, sulle opzioni di trattamento disponibili e sui benefici e rischi associati a ciascuna opzione. Tutto ciò può aiutare ad assicurare l'adesione al trattamento grazie anche ad una comprensione accurata delle istruzioni del medico, il quale deve opportunamente rispondere ai quesiti del suo assistito e mantenere un feedback regolare lungo tutto il percorso terapeutico.


3. **Educazione e coinvolgimento attivo del paziente**: Il paziente deve essere coinvolto attivamente nel proprio processo di cura, partecipando alla pianificazione del trattamento, assumendosi la responsabilità della propria salute e collaborando con il team medico per raggiungere gli obiettivi terapeutici.

4. **Supporto sociale e familiare**: Il sostegno emotivo e pratico dei familiari, degli amici e della comunità può svolgere un ruolo significativo nel successo terapeutico e può aiutare il paziente a gestire lo stress, a mantenere la motivazione e a conservare uno stato d'animo positivo durante il trattamento.

 


5. **Monitoraggio e follow-up**: È importante monitorare regolarmente la risposta del paziente alle terapie, anche attraverso la telemedicina, apportarne eventuali aggiustamenti e fornire un follow-up continuo per assicurarsi che le cure stiano producendo i risultati attesi o, in caso contrario, mettere in atto soluzioni e terapie suppletive o alternative.


6. **Stile di vita sano**: Incorporare abitudini di vita salutari, come una dieta equilibrata, l'esercizio regolare, il controllo dello stress e l'evitare sostanze dannose come il fumo e l'alcol, può svolgere un ruolo importante nel migliorare i risultati terapeutici e mantenere la salute a lungo termine.


Integrando queste strategie in modo coordinato e personalizzato per le esigenze specifiche del paziente, è possibile massimizzare le probabilità di successo terapeutico e migliorarne la qualità di vita.

L'esperienza professionale è un pilastro del successo terapeutico. Nel mondo della medicina è un valore inestimabile che va oltre la conoscenza teorica perché nel corso degli anni si affinano le capacità di comunicare e costruire relazioni empatiche con i pazienti in modo da offrire loro un trattamento completo, personalizzato e di alta qualità che promuove il benessere complessivo.

 

 

Mare e insufficienza venosa: un binomio possibile

  A cura della Dott.ssa Rosa Apicella Specialista in Chirurgia Vascolare  Specialista in Chirurgia Generale “Posso andare al mare?”   Con l’...